La Malattia di Parkinson

A cura di:

Prof. Antonio Currà

04/12/2019

Cos’è il Morbo di Parkinson?

La malattia di Parkinson è la malattia neurodegenerativa più frequente dopo la malattia di Alzheimer. Si tratta di una patologia neurologica cronica e progressiva, che si manifesta di norma con una sindrome motoria tipica, caratterizzata dal rallentamento dei movimenti volontari (bradicinesia), dall’aumento del tono muscolare (rigidità), dalla presenza di movimenti involontari (tremore a riposo).

All’origine di tali sintomi vi è la perdita di neuroni in una specifica area cerebrale (la substantia nigra del mesencefalo), deputati alla produzione del neurotrasmettitore dopamina.

Autore

Prof. Antonio Currà

Neurologia

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Alla comparsa dei sintomi motori si stima che circa l’80% delle cellule dopaminergiche siano andate incontro a degenerazione. Tali neuroni regolano l’attivazione di cinque circuiti nervosi paralleli che collegano diverse aree cerebrali.

L’organizzazione dei circuiti è sempre la stessa: dalla corteccia cerebrale allo striato, quindi al pallido, poi al talamo, per tornare alla corteccia cerebrale. Specifiche aree in ogni singola struttura si connettono con corrispondenti aree nelle restanti strutture, dando origine ai circuiti di pianificazione ed esecuzione motoria, al circuito oculo-motorio, a quello cognitivo, e quello affettivo-emotivo.

L’interferenza dei neuroni dopaminergici con la funzione di tali circuiti spiega come i sintomi della malattia non siano soltanto di tipo motorio.

Esiste infatti una serie di sintomi non motori presenti in più del 90% dei pazienti nei diversi stadi di malattia, quali i deficit cognitivi (capacità di pianificare e organizzare, iniziativa psichica), le alterazioni sensitive (riduzione dell’olfatto), i disturbi del sonno (insonnia, sonnolenza diurna, disturbo del comportamento in sonno REM), le anomalie del sistema nervoso autonomo (disturbi della motilità gastrica, stipsi, incontinenza urinaria, alterata funzione sessuale, sudorazione profusa, secchezza oculare, ipotensione cosiddetta ortostatica per l’incapacità a modulare la pressione sanguigna nel passaggio dalla posizione sdraiata alla stazione eretta). Alcuni di tali disturbi oltre ad essere NON motori, sono anche PRE-motori, in quanto si manifestano prima dell’insorgenza dei canonici sintomi motori (appannaggio dell’olfatto, del sonno REM, del sistema gastrointestinale).

Le cause del Morbo di Parkinson

La causa che determina perdita delle cellule nervose della substantia nigra ad oggi è sconosciuta, tuttavia si ritiene che fattori genetici e ambientali concorrano a rendere tali cellule vulnerabili. Mutazioni di geni specifici (codificanti per proteine quali alfa-sinucleina, parkina, dardarina, PTEN chinasi indotta putativo 1, DJ-1 e ATP13A2) sono responsabili delle forme ereditarie di PD, che rappresentano però solo una piccola percentuale (4-5%) di tutti i casi, e tendono ad avere un’età di esordio precoce (generalmente prima dei 50 anni).

Morbo di Parkinson

Molti di più (almeno il 10%) invece, sono i malati di Parkinson che hanno almeno un parente di primo grado con la stessa condizione clinica. Questo significa che le alterazioni genetiche possono trasmettere la malattia nei casi selezionati che abbiamo riportato, ma più spesso trasmettono la predisposizione a sviluppare la malattia in presenza di specifici fattori ambientali ai quali si possa essere esposti nel corso della vita. La stragrande maggioranza dei casi – cosiddetti “idiopatici” o “sporadici” – hanno genesi che prevede l’interazione di più fattori, e presenta solitamente un esordio tardivo (intorno ai 60 anni).

La malattia di Parkinson è stata inizialmente descritta come un disturbo del movimento (la “paralisi agitante”), considerato la risultante dei sintomi motori già descritti. I movimenti oculari di inseguimento di una mira sono frammentati, l’espressione del volto impassibile, l’eloquio monotono e di basso volume. L’impoverimento della mimica facciale e il parlare a bassa voce condizionano pesantemente l’espressività della comunicazione. Tardivamente nel corso della malattia possono presentarsi disturbi della deglutizione e conseguente perdita di saliva (scialorrea).

Oltre al rallentamento in tutti i movimenti volontari delle braccia, in particolare simultanei o sequenziali, la scrittura si altera in modo caratteristico, tendendo la grafia a rimpicciolirsi man mano che la pagina o la riga si riempie (micrografia parkinsoniana).

Quali sono i sintomi del Parkinson?

I sintomi coinvolgono non soltanto le braccia, ma anche le gambe. Il paziente parkinsoniano infatti può presentare alterazioni dell’equilibrio spontanee, o difficoltà nel cercare di mantenerlo in seguito a perturbazioni accidentali (instabilità posturale). Inoltre, egli esibisce un’andatura caratteristica, a ginocchia semiflessepassi brevi, e con strisciamento del piede al suolo. Completano le alterazioni della marcia i ripetuti tentativi necessari all’avvio (disturbo della “messa in moto”), la difficoltà nell’attraversamento di passaggi stretti o nel raggiungimento della destinazione (per effetto del “congelamento del movimento” o freezing), e l’accelerazione improvvisa e involontaria con pericolo di caduta per l’impossibilità a controllare il baricentro del proprio corpo (festinazione).
Le alterazioni motorie coinvolgono non solo il movimento ma anche la postura, inducendo deformità disabilitanti quali l’inclinazione laterale del busto (sindrome di Pisa), la flessione in avanti del tronco (camptocormia) e del capo (anterocollo) che possono essere ulteriormente complicate da deformità scheletriche (scoliosi).

La qualità di vita e la longevità dei pazienti con Malattia di Parkinson sono ridotte, essendo i tassi di mortalità più che raddoppiati rispetto alle persone non affette. Deterioramento cognitivo, stato di malattia avanzato, e disfagia sono fattori che insieme aumentano ulteriormente il rischio di mortalità. La morte per polmonite ab ingestis è infatti molto più frequente nei pazienti parkinsoniani rispetto alla popolazione normale.
L’aspettativa di vita è minore in coloro i quali presentano esordio precoce di malattia; mentre le forme cliniche prevalentemente tremorigene mostrano una sopravvivenza più lunga rispetto a quelle acinetico-rigide.

Come si diagnostica il Parkinson?

La diagnosi di Malattia di Parkinson è essenzialmente clinica, basata cioè sui sintomi raccontati da paziente e familiari, e sui segni riscontrati all’esame obiettivo neurologico. Vi sono esami strumentali che supportano la diagnosi quali la scintigrafia cerebrale con tracciante per i trasportatori della dopamina (DaTSCAN-SPECT), e la scintigrafia miocardica con metaiodobenizilguanidina (MIBG) che evidenzia denervazione autonomica cardiaca periferica.

La riabilitazione della Malattia di Parkinson

Al momento non esiste una terapia in grado di invertire o arrestare la progressione di malattia. Il trattamento è pertanto sintomatico, e si avvale di farmaci in grado di riequilibrare il complesso sistema neurotrasmettitoriale del sistema motorio: levodopa (precursore della dopamina), agonisti della dopamina, inibitori dei catabolizzatori della dopamina (MAO-B e COMT), neuromodulatori (amantadina), inibitori del tono colinergico centrale (anticolinergici).

In pazienti selezionati e per lo più in stato avanzato di malattia è indicato l’utilizzo di strategie invasive quali l’infusione sottocutanea di apomorfina; l’infusione duodenale continua di gel di levodopa/carbidopa (Duodopa) attraverso gastrodigiunostomia percutanea endoscopica (PEG-J); la stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS) mediante impianto di elettrodi stimolanti specifiche aree cerebrali (il nucleo subtalamico o il globo pallido interno).

La riabilitazione

L’esercizio fisico regolare, specie se inserito in un programma di fisioterapia mirata, contribuisce a mantenere il funzionamento di circuiti cerebrali danneggiati – oltre che a crearne di nuovi – che consentono di conservare mobilità, flessibilità, forza, deambulazione, postura e conseguente qualità della vita.

Per migliorare la rigidità sono stati proposti esercizi e tecniche di rilassamento (es. il dondolio dolce) che aiutano a diminuire l’eccessiva tensione muscolare. Altre tecniche prevedono movimenti lenti di rotazione degli arti e del tronco, respirazione diaframmatica, metodiche di meditazione.
L’approccio riabilitativo comprende anche la logopedia per il trattamento dei disturbi della deglutizione e del linguaggio.

Il ricorso alle cure palliative è talora richiesto nelle fasi finali di malattia, quando le possibili strategie di trattamento risultano inefficaci. Scopo delle cure palliative è quello di ottimizzare la qualità della vita del paziente e di chi se ne prende cura, nel contesto delle condizioni terminali del paziente.

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